L’Amica geniale – dall’opera all’anima

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Maestra Oliviero: “Cerullo, chi ti ha insegnato a leggere e a scrivere?”

Lila: “IO.”

Ci ho impiegato circa un anno per avvicinarmi alla tetralogia di Elena Ferrante. Io, pur essendo di Napoli, conoscevo la misteriosa autrice senza conoscerla. Sì, perché avevo visto il film “L’amore molesto” e “I giorni dell’abbandono”, ma senza sapere per tempo tutto il fascino che quest’opera avrebbe esercitato su di me.

Poi, un sabato d’autunno, di passaggio alla Feltrinelli, ho visto il libro, l’opera del momento, esposta in bella mostra ed è iniziata la mia “Ferrante fever”. Ho acquistato “L’amica geniale” a poco più di un mese dalla messa in onda della serie, diretta da Saverio Costanzo.

In dieci giorni ho divorato le circa 1600 pagine della tetralogia con l’ansia costante di sapere cosa sarebbe successo “dopo” a Lila e a Lenù, cresciute in quella Napoli anni ’50 di: fame, miseria, violenza e voglia di emergere. L’incontro, la scuola, la maestra Oliviero e quella luce in fondo al tunnel che sa di riscatto: la possibilità di studiare ed istruirsi.
Lila è tutta nervi, piccolina e a tratti cattiva, insolente, ma fiera e coraggiosa. Lenù è più quadrata e diligente e predestinata forse a più ampie possibilità.

In uno scenario di uomini violenti e maschilismo senza fine, per Lila e Lenù la maestra Oliviero è uno dei pochi eroi di chi non ha speranze ma possibilità! Comprende prima di tutti l’intelligenza e il fine acume di Lila, che impara a leggere e a scrivere all’età di chi ancora appone semplici simboli sul foglio bianco.

Lila fa i calcoli a mente e batte i maschi sia nella gara scolastica, sia affrontandoli fisicamente le volte in cui l’aggrediscono. Purtroppo, però, dovrà ingegnarsi e fare da sé sempre e per sempre, toccando anche il fondo se necessario, ma risorgendo ogni volta come l’araba fenice. Lila è abituata a vincere, ad esser prima ma Lenù, meno strutturata caratterialmente, ha la forza di volontà e la capacità di stare all’interno di un percorso per prenderne tutto il possibile e investirlo per il proprio futuro.

Entrambe per motivi diversi – Lila per gli spigoli e l’intelligenza vivace, Lenù per il suo equilibrio instabile – riescono a coinvolgerti nelle loro vite, a creare immedesimazione ed empatia, a portare alla condivisione di: stati d’animo, sofferenze, sogni, speranze e desideri. Le loro origini sono comuni, le loro vite – anche sentimentali – evolvono per salite ripide e diverse, ma alla fine si ritrovano e il loro rapporto è come un cerchio che, ogni qualvolta si chiude, le riporta l’una accanto all’altra o meglio di fronte. Intendo in quell’incontro – scontro che talvolta le fa apparire amiche o quasi nemiche, travolte dalla tensione della competizione.

Un’amicizia che dura sessant’anni, un’ammirazione reciproca senza fine, un modo ambiguo di sottrarre l’una all’altra sempre e comunque qualcosa: un dettaglio, un vezzo, un modo di fare, una meta da raggiungere. Diventare altro da se stessi e dalle proprie famiglie di origine è il denominatore comune, che Lenù sembra perseguire più apertamente mentre Lila persegue ed anche no, restando ancorata alla propria fonte anche se con risvolti diversi.

Quanto pesa l’amore nella storia de “L’Amica geniale”? Conta anche nel cinismo e nel compromesso ed è spesso “oltre” i luoghi comuni perchè sia per Lila che per Lenù questo sentimento è unico, raro, esclusivo ed in un rapporto uno a uno, che non ha e non può avere repliche. La storia è avvincente in quanto un primitivo ed atavico sentimento di “Odi et Amo” dimora in loro stesse ed è in quell’amicizia che va “oltre”, che è tacito patto di una stima, un attaccamento ed ammirazione senza confronto possibile.

L’uomo ideale, amato da Lila e Lenù, alla fine non è ideale ma più che terreno, becero ed infedele. La fedeltà, anche se tra mille presunte distanze, è solo ed esclusivamente tra le protagoniste, tra tutto quanto è l’una e tutto quanto è l’altra. La loro mente le tiene indissolubilmente legate, valorizzando la più alta forma di amore possibile tra due esseri umani.

La storia pervade l’anima perchè racconta della voglia di farcela apprendendo dai classici, utilizzando il secchio pieno di parole (cit. Ludovica Nasti – Lila nella serie TV) che abbiamo proprio ca’, n’ cap per scrivere un libro e diventare ricche. Lila e Lenù sognano di scrivere un libro e Lenù pensa all’importanza di imparare il latino, Lila no perchè non serve aspettare, han già tutto quanto è necessario.

Eppure lo studio delle lettere è ben rappresentato dal percorso di studi di Lenù e lì l’anima è rapita perchè quello è il percorso per imparare a scrivere e perchè lì si sente quanto contino le parole e che in fondo anche le parole sono donne.

Riguardo alla serie TV la scelta di Ludovica Nasti e Elisa Del Genio è una delle più riuscite degli ultimi decenni, considerato quanto queste due ragazzine siano in grado di comunicare con le sole espressioni del viso. Gli sguardi di Ludovica ed Elisa riportano all’opera e dall’opera all’anima, rendendo giustizia ad una storia che, nonostante l’atteso scollamento tra libri e rappresentazione televisiva, è degnamente rappresentata. Il personaggio di Lila, interpretato da Ludovica Nasti – una stella di soli 12 anni, ipnotizza, ammalia persino nei momenti in cui appare irritante per il suo modo di fare dispettoso e provocatorio. Le due attrici non professioniste hanno dato prova di poter insegnare fondamenti di recitazione a molti presunti attori dei giorni nostri.

Il successo nazionale ed internazionale de “L’Amica Geniale” è comprensibile per quel modo di procedere essenziale, asciutto, diretto ai moti dell’Anima così come la Ferrante è stata abile a fare per il tramite della sua tetralogia. Ludovica Nasti ed Elisa Del Genio sono proprio come ci aspettavamo che fossero Lila e Lenù e l’auspicio è che queste due piccole attrici “prodigio” non perdano in spontaneità ed autenticità per proseguire una carriera luminosa e di successo.

Chi sia l’Amica Geniale tra loro due è difficile dirlo. Inizialmente sembra che il genio sia Lila e lo è per buona parte del primo volume, ma poi tutto cambia, il cognome cambia, cambia il punto di vista del lettore e le vite delle protagoniste, poi qualcuno fugge, qualcun altro resta e poi, ancora, c’è chi si perde come a render lancinante un dolore, che attraversa l’opera dall’inizio alla fine. E’ probabile siano entrambe geniali tutte le volte che compiono azioni che non ti aspetti. E’ probabile che siano entrambe geniali perchè mai nulla è come sembra nè procede nella direzione attesa. La stessa Lenù, che sembra la meno istintiva e scapestrata delle due, non disdegna i colpi di testa quando ci crede e vuole continuare a crederci.

Che leggiate la tetralogia o seguiate la serie, vi assicuro che qualcosa dentro di voi muterà, facendovi sentire un senso di vuoto alla fine e vi chiederete:”Ed ora che faccio?” Forse in ognuno di noi c’è un po’ di Lila ed un po’ di Lenù e quel sentirsi incomplete sempre, costantemente, quella voglia di migliorarsi, di essere diverse e competitive ogni volta è desiderio di restare dentro le vite di Lila e Lenù – e con tutti i fardelli che si portano dietro – quelle vite in fondo sono vite di amiche forti, ferme, tenaci e coraggiose, aderenti alla realtà, ma allo stesso tempo romantiche e sono le vite che sono, sono vite di donne!