Vomero: ragazza segregata in casa dalla madre per otto anni. La lettera che avrei voluto scrivere da figlia a sua madre

di BrontoloeBasta

image

Cara mamma mia,
in questi otto anni ho immaginato dieci, cento, mille volte le parole che avrei voluto dirti o scriverti. Il posto in cui ti trovi ora ti sembrerà l’Inferno. Eppure, cara mamma, non credo sia peggiore di quello che hai fatto vivere a me per tutto questo tempo. Magari tu, dal carcere di Pozzuoli, puoi vedere il mare, alimentarti e riscaldarti in maniera umana. Il mio è stato un Inferno diverso, credimi, e mi ha macchiata a vita. Non perché, come pensi tu, sono malata di mente ed ora tutti conoscono questa tua “vergogna”, ma perché mi additeranno sempre come la figlia di una madre snaturata, che mi ha abbandonata, negandomi l’amore assoluto e indiscusso, che avresti dovuto provare per me qualunque fosse la mia Natura. Nessuno più di te avrebbe dovuto prendersi cura della mia condizione e non l’hai fatto! Hai scelto follemente e consapevolmente di nascondermi, di segregarmi, e di negarmi la possibilità di vedere il mare. Hai scelto di vergognarti di me quando avresti dovuto provare vergogna solo nei confronti di te stessa!  Sai, cara mamma mia,  sembra che in questo mondo esistano madri “non madri”, che lo sono dentro e che paradossalmente meriterebbero di esserlo molto più di te! Son quelle donne che desiderano avere figli, che Dio sceglie di non mandargli o che la vita per milioni di circostanze concomitanti finisce per negargli. Beh… mi piacerebbe che, dove sei adesso, venissero a trovarti per raccontarti come e quanto sia straordinario riversare amore materno su figli, che neanche gli appartengono. Sai, cara mamma mia, sento parlare di madri con figli down, paraplegici o sofferenti della mia stessa patologia,  che non sono come te. Non se ne vergognano, amandoli a prescindere, cercando e trovando in loro la bellezza e la grandezza dell’amore. Forse perché sono figli già troppo provati e messi in croce dal destino e allora bisogna amarli di più!
Poi ci sono le mamme dei drogati, dei delinquenti, degli assassini e neanche loro, cara mamma mia, sono come te! Cercano di esser giuste e di difenderli,  nei limiti del possibile, ammettendo che hanno intrapreso una strada sbagliata, che non interferisce però col loro ruolo e il loro amore di madre.
Eppure continuo a rivolgermi a te con “cara mamma”! Sarà che nonostante tutto non sei riuscita a insegnarmi l’odio, la rabbia e la vergogna. Sì, perché in questo caso,  quando,  una o due volte a settimana, entravi nel carcere, che hai deciso per me, avrei dovuto aggredirti e picchiarti fino a farti morire!  In fondo, mamma, era un “favore” che ti dovevo perché le modalità da te scelte per cancellarmi, annientarmi, uccidermi son state ben più aberranti! Oggi sono io a comprendere e a prendermi cura della tua malattia mentale e della tua  vergogna quanto di quella dei nostri vicini. Capisco che il Vomero è il quartiere della Napoli bene, della borghesia napoletana e che io per fortuna, cara mamma mia, non ero come te e neanche come quei vomeresi che non hanno visto, sentito e neanche si son soffermati a pensare cosa stesse accadendo. Parliamo di otto anni, cara mamma, in cui mi sono trascinata tra escrementi, immondizia, respirando un’aria da discarica. Parliamo di otto anni, cara mamma, in cui non ho visto la luce e neanche il mare! Parliamo di otto anni in cui il freddo ed il gelo, che ho sentito nel tuo cuore è stato ben più grave e pesante da sopportare di quello patito nei fatti! Per tua sfortuna non sono morta perché probabilmente non ho mai smesso di sperare che non tutte le persone mancassero di amore materno e umanità come e quanto te. Questi ultimi prescindono dal quartiere in cui si vive! La speranza, cara mamma mia, mi ha dato ragione perché non conta essere del Vomero, Posillipo o Scampia. Conta “essere umani”! Mi sono chiesta spesso quali fossero le mie colpe o di quali delitti volessi accusarmi per scegliere di farmi tutto questo. Difficile farsi un’idea adeguata, motivando col “Sarà perché  non sono una figlia adeguata, con laurea, manager in carriera e con famiglia da “mulino bianco” al seguito”. Difficile farsi un’idea, spiegando che dal Vomero non sono perennemente in viaggi di piacere o in settimana bianca! Sì, cara mamma, io non potevo essere né fare tutte queste cose. Non potevo permettermele, ma non a causa di problemi economici o della mia malattia mentale! Il motivo per cui non potevo permettermele l’ho capito quando degli sconosciuti sono venuti a salvarmi! Non tu, mamma, ma degli sconosciuti! Mi han trovata a terra, dietro al divano mentre cercavo di riscaldarmi il cuore,  prima di ogni altra cosa, con un asciugacapelli. Vedi mamma, non sono poi così stupida e malata!
Quegli sconosciuti mi han raccolta e prestato le prime cure, sporca e malnutrita com’ero. Non si sono vergognati di attraversare quel cattivo odore e quell’Inferno per arrivare fino a me e farmi una carezza. Han capito che mi dovevano tutto ciò in cui hai mancato tu per non spaventarmi e liberarmi dal terrore che il mare non l’avrei più rivisto.
Io non ti ho mai odiata, cara mamma mia, anche se mi fai orrore e non ti auguro di morire come hai sperato innumerevoli volte per me. Piuttosto ti auguro di non dover mai conoscere cosa sia l’indifferenza e il disprezzo di tanti, troppi “insospettabili” come te! Ti auguro di capire che il tuo ruolo di madre su questa terra è stato inutile, ma innanzitutto sbagliato. Ti auguro di capire e di pentirti, guardando il mare da quella cella del carcere, ricordando che è una suite da Excelsior rispetto a quella in cui hai rinchiuso me, tua figlia! Ti auguro, cara mamma mia, di essere felice, immaginando che, lontana da te,  posso finalmente vedere il mare, e  senza vergognarmi della madre e dell’essere “umano” che non sei mai stata!
Tua figlia